Ieri sera durante l'adorazione eucaristica comunitaria Giselda ci ha proposto di riflettere sulla figura di Benedetta Bianchi Porro che nella sofferenza vide la sua vocazione specifica alla santità.
Amava infatti dire:" come ci sono sacerdoti, persone sposate così c'è chi è anche chiamato alla malattia come me".
Benedetta Bianchi Porro è nata a Dovadola l'8 agosto 1936 ed è morta a Sirmione, il 23 gennaio 1964. È venerabile per il comportamento e la fede mantenuti in vita nonostante le sofferenze.
Appena nata a Dovàdola, in provincia di Forlì, fu colpita da una emorragia. Su richiesta della madre le venne conferito il battesimo "di necessità" con acqua di Lourdes.
A tre mesi Benedetta si ammalò di poliomelite. La malattia le lasciò la gamba destra più corta, constringengola in seguito a portare una pesante scarpa ortopedica.
Nel maggio 1944 nella piccola Chiesa dell’Annunziata a Dovadola fece la prima Comunione. Le venne regalato in quell'occasione un rosario, da cui non si sarebbe più separata.
Nonostante la sua situazione di salute, nell'ottobre del 1953, a soli 17 anni, si iscrisse all'università di Milano alla facoltà di medicina. Ben presto Benedetta si ammalò di una rara patologia, la neurofibromatosi nel tipo detto "sindrome di Von Recklinghausen". La malattia la portò rapidamente alla cecità e alla sordità. Fu costretta dalle condizioni di salute a lasciare l'università quando ormai le mancava un solo esame. Ridotta alla mancanza quasi totale di sensibilità fu
Appena nata a Dovàdola, in provincia di Forlì, fu colpita da una emorragia. Su richiesta della madre le venne conferito il battesimo "di necessità" con acqua di Lourdes.
A tre mesi Benedetta si ammalò di poliomelite. La malattia le lasciò la gamba destra più corta, constringengola in seguito a portare una pesante scarpa ortopedica.
Nel maggio 1944 nella piccola Chiesa dell’Annunziata a Dovadola fece la prima Comunione. Le venne regalato in quell'occasione un rosario, da cui non si sarebbe più separata.
Nonostante la sua situazione di salute, nell'ottobre del 1953, a soli 17 anni, si iscrisse all'università di Milano alla facoltà di medicina. Ben presto Benedetta si ammalò di una rara patologia, la neurofibromatosi nel tipo detto "sindrome di Von Recklinghausen". La malattia la portò rapidamente alla cecità e alla sordità. Fu costretta dalle condizioni di salute a lasciare l'università quando ormai le mancava un solo esame. Ridotta alla mancanza quasi totale di sensibilità fu
però capace di donare luce, luce eterna a quanti le si accostavano anelanti alla verità, bisognosi di un conforto spirituale. Pensate, era lei che consolava! Incarnò fino in fondo la celebre citazione paolina:" quando sono debole è allora che sono forte, perchè dimora in me la potenza di Cristo".
Una ragazza che dovette rinunciare all'università, quindi al suo futuro ad un passettino dal traguardo! Ma non si disperò! Fu tribolata, questo si, ma il suo sguardo trasmetteva una serenità incredibile, facendo così sua un'altra celebre frase paolina:"per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno".
Morì il 23 gennaio 1964.
Nel dicembre 1994 fu emesso il decreto di introduzione
per la causa di santità.
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