Dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo riguardo la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche, vorrei riportare alcuni brani tratti da un articolo di Natalia Ginzburg (famosa scrittrice del Novecento non cattolica) pubblicato su L’Unità del 22 marzo 1988, dal titolo «Quella croce rappresenta tutti»:
"Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. È muto e silenzioso. C’è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte dei muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa dì particolare, che suscita pensieri contrastanti. (…)
Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine.
È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola.
Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici. (...) Il crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere, e il non credere vanno e vengono come le onde dei mare. Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla. È tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri".
... Voi che ne dite?
"Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. È muto e silenzioso. C’è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte dei muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa dì particolare, che suscita pensieri contrastanti. (…)
Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine.
È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola.
Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici. (...) Il crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere, e il non credere vanno e vengono come le onde dei mare. Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla. È tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri".
... Voi che ne dite?
3 commenti:
Ma siamo veramente sicuri che il parlare cosi tanto di crocifisso e riflettere finalmente, ed in maniera collettiva, del suo senso, del senso profondo che ha per noi, cattolici e non, italiani ed europei, sia cosi’ dannoso e sbagliato?
Diciamoci pure sinceramente, che a quel piccolo oggetto, nelle aule delle scuole, nessuno faceva piu’ caso.
Trascurato, mezzo rotto, pieno di ragnatele, messo da una parte, nessuno se ne curava, quasi a testimoniare un lento allontanamento della gente dal senso della vita, dalla propria storia, dalla propria cultura, dalle proprie radici.
L’Europa, e cosi’ intorno a lei il mondo intero, hanno ormai posto concordemente le loro fondamenta su valori quali la libertà, l’uguaglianza e la fraternità.
Valori nobilissimi che pero’, per buona parte della cultura europea, trovano origine ormai soltanto nella Rivoluzione Francese, in un Illuminismo, tanto importante per il risveglio della società, quanto cieco, oggi come ieri, nel ricercare le sue piu’ profonde radici.
Molti dimenticano infatti, che la vera rivoluzione culturale, che ha portato oggi l’Europa ad essere quello che è, con i suoi pensieri, le sue convinzioni, i suoi valori, non è stata quella Francese, ma quella che potremmo meglio definire Cristiana.
Al giorno d’oggi si tende a dimenticare che durante l’Impero Romano, uno sparuto numero di persone con le sue convinzioni, attraverso un messaggio molto chiaro di Amore (che altro non era che una richiesta di riconoscimento da parte dell’Autorità Governativa di libertà, uguaglianza e fraternità) ha messo in crisi una società che doveva essere la piu’ potente e solida al mondo.
Questo messaggio, coerentemente con quello che era il suo contenuto, è entrato lentamente nelle menti delle persone, della società europea dell’epoca, attraverso l’esempio, attraverso il sacrificio della vita di centinaia di martiri cristiani, sempre nel profondo rispetto della vita umana; cosa ben diversa dall’uso che si è fatto, alla fine del settecento, della ghigliottina per riaffermare gli stessi valori.
La Rivoluzione Francese con le sue speranze ed i suoi ideali si è fatta carico di un cambiamento che per gli anni ed i secoli successivi ha portato la società ad un forte smarrimento.
Non che le idee di fondo fossero sbagliate, tanto che masse e masse di persone hanno seguito e seguono ancora oggi con forte convinzione gli ideali illuministi, ma mancavano e mancano tuttore di qualcosa, di una piccola ma grande cosa, di Amore.
Mi spiego meglio.
La società alla fine del settecento sentiva l’esigenza di cambiare pelle, di migliorare, di riaffermare quei valori e principi quali la libertà, l’uguaglianza e la fraternità che con il tempo si erano persi.
Il cambiamento ci fu, ma vennero utilizzati strumenti che degenerarono ben presto in una spirale di violenza.
Il messaggio che venne trasmesso alle generazioni successive fu pertanto che la rivoluzione si poteva fare solo con la violenza, la morte ed il sangue, nel disprezzo piu' totale del valore della vita umana.
Si volevano riaffermare i valori dei martiri cristiani, ma senza seguire il loro esempio di Sacrificio e d’Amore.
È cosi’ che nei secoli successivi ed ancora oggi si è assistito e si assiste ad un alternarsi di rivoluzioni e di guerre, sempre condotte in nome di nobili principi, ma sempre con gli stessi strumenti di morte e violenza, che tutto hanno a che fare fuorchè il rispetto e l’amore per il prossimo.
Ebbene, questo vuol dire per noi Italiani il crocifisso, il sacrificio non solo di Gesu’ nella croce, ma anche di tutti coloro che hanno contribuito fin dall’origine della nostra civiltà europea ad affermare i principi di libertà, uguaglianza e fraternità con strumenti di pace e di amore.
Questo è quello che ho trovato su Zenit.org della sentenza.
Il testo è in francese faccio una sintesi. Le parole, tradotte, dicono piu' o meno che il crocifisso percepito dagli studenti come simbolo religioso, mentre puo' incoraggiare i piu' religiosi, rischia di perturbare tutti gli altri, tanto piu' se appartenenti a minoranze.
Lo Stato deve tutelare la libertà di credere e non credere, pertanto conclude la sentenza deve promuovere la neutralità confessionale ed inculcare negli studenti un pensiero critico.
"Lautsi c. Italie (requête n° 30814/06)
Décision de la Cour
La présence du crucifix - qu'il est impossible de ne pas remarquer dans les salles de classe - peut aisément être interprétée par des élèves de tous âges comme un signe religieux et ils se sentiront éduqués dans un environnement scolaire marqué par une religion donnée. Ceci peut être encourageant pour des élèves religieux, mais aussi perturbant pour des élèves d'autres religions ou athées, en particulier s'ils appartiennent à des minorités religieuses. La liberté de ne croire en aucune religion (inhérente à la liberté de religion garantie par la Convention) ne se limite pas à l'absence de services religieux ou d'enseignement religieux : elle s'étend aux pratiques et aux symboles qui expriment une croyance, une religion ou l'athéisme. Cette liberté mérite une protection particulière si c'est l'Etat qui exprime une croyance et si la personne est placée dans une situation dont elle ne peut se dégager ou seulement en consentant des efforts et un sacrifice disproportionnés.
L'Etat doit s'abstenir d'imposer des croyances dans les lieux où les personnes sont dépendantes de lui. Il est notamment tenu à la neutralité confessionnelle dans le cadre de l'éducation publique où la présence aux cours est requise sans considération de religion et qui doit chercher à inculquer aux élèves une pensée critique.
Or, la Cour ne voit pas comment l'exposition, dans des salles de classe des écoles publiques, d'un symbole qu'il est raisonnable d'associer au catholicisme (la religion majoritaire en Italie) pourrait servir le pluralisme éducatif qui est essentiel à la préservation d'une « société démocratique » telle que la conçoit la Convention, pluralisme qui a été reconnu par la Cour constitutionnelle italienne.
L'exposition obligatoire d'un symbole d'une confession donnée dans l'exercice de la fonction publique, en particulier dans les salles de classe, restreint donc le droit des parents d'éduquer leurs enfants selon leurs convictions ainsi que le droit des enfants scolarisés de croire ou de ne pas croire. La Cour conclut, à l'unanimité, à la violation de l'article 2 du Protocole n° 1 conjointement avec l'article 9 de la Convention".
Cara Vic, dico che nel 1988 le persone erano meno aride di adesso,malgrado il problemi di quel periodo storico, l'intelligenza era ancora viva e le zucche non c'erano, per dirla con il Card. Bertone. Zucche vuote che producono vuoto e disperazione e alle quali dobbiamo rispondere con fermezza, punto su punto, tosti come non mai. Ricorda certe espressioni di Gesù, mica scherzava e gli dava giù duro. In gioco c'è la Salvezza, c'è l'uomo creato da Dio, c'è la speranza della Vita eterna, del soffio dello Spirito, dell'anima che è fonte e ricchezza dell'umanità, c'è una vita piena di senso e di gioia che va annunciata a spron battuto perché in Europa ci stiamo giocando generazioni intere di giovani che si bruciano la vita sull'altare del consumismo e dei falsi miti (vedi droga e alcolici). Diamoci una svegliata perché l'Amore va anche difeso con grinta. Fabiana
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